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prima di tutto esseri umani… come noi

Matteo Tomasi, giovane bresciano, racconta la sua esperienza di coordinatore del gruppo di profughi che da agosto 2015 sono ospiti in una struttura al centro di Moniga del Garda

Un’esperienza impegnativa e a tratti difficile, ma che rende possibile tenere la porta aperta dell’accoglienza anche da noi.

 

 

Da ormai qualche mese a questa parte sicuramente si sarà notata a Moniga la presenza di ragazzi “diversamente bianchi” girondolare per il paese. Fanno parte di un progetto educativo ed istruttivo all’interno del Residence Luna Storta, sono in 8 e sono ragazzi attorno ai 20 anni, scuri di pelle ma d’oro nell’animo. Da tempo in Italia sono nati questi progetti che coinvolgono i meno fortunati, scappati da una realtà che noi nemmeno possiamo immaginare di guerra, persecuzione e violenza, e che risultano politicamente rifugiati nel nostro paese. All’interno di queste strutture, come la nostra in paese, i ragazzi hanno la fortuna di avere ogni giorno protezione, educazione, istruzione e supporto psico/sanitario. Il nostro lavoro all’interno del residence si struttura in 4 diversi passaggi

Il primo passaggio consiste nell’accoglienza primaria. Al loro arrivo nella struttura di accoglienza, vengono immediatamente istruiti sull’igiene personale, sull’organizzazione della struttura messa a loro disposizione, e sul corretto abbigliamento.

Nel secondo passaggio vengono individualmente indirizzati ad un colloquio con uno psicologo che ne crea un quadro psicologico in modo da poterli aiutare nel percorso di integrazione.

Nel terzo passaggio (che dura circa 3 mesi) vengono istruiti sulla lingua e la cultura italiana, con lezioni sulla grammatica italiana, le nostre leggi e con cenni di storia e letteratura.

A questo punto sono pronti per iniziare un percorso al di fuori della nostra struttura, con “tutte le carte in regola” e tanta voglia di ambientarsi.

sullo sfondo del castello di Moniga, il gruppo di profughi dall'Africa e al centro Matteo Tomasi

sullo sfondo del castello di Moniga, il gruppo di profughi dall’Africa e al centro Matteo Tomasi

Nel quarto passaggio, dopo la verifica della commissione legale per il soggiorno nel nostro paese, attraverso i centri SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), vengono collocati in diversi luoghi e centri nei quali possono iniziare a lavorare. Molti profughi trovano come primo impiego  dei lavori  molto umili che noi italiani spesso rifiutatiamo, ma che per loro sono spiragli per avere un futuro e sopravvivere . Non dobbiamo infatti dimenticare che provengono da zone dove le guerre ogni giorno uccidono i loro amici e famigliari. Questi ragazzi hanno il diritto di avere una vita, e prima di essere stranieri, profughi, di un altra cultura e razza, sono “esseri umani”. Sono giovani ed intelligenti, con un’anima e tanta dedizione in quello che fanno.

Noi, attraverso queste strutture di accoglienza, li aiutiamo ad avere un futuro, togliendoli dalle strade ed istruendoli a 360 gradi . Sicuramente li avrete visti in giro vestiti con magliettine estive e pantaloncini anche in questi giorni di gennaio, ma questo è perché sono ragazzi, ed andando spesso a giocare a calcio al campetto dell’oratorio non capiscono che poi quando tornano in camera vieneloro il raffreddore.

Questi giovani profughi sono uguali a noi, sono “come” noi oltre che essere “in mezzo a noi”. Aiutarli a sentirsi accettati con simpatia e accolti con umanità rende sempre più umani e sensibili noi stessi.

Non potendo fare qualcosa direttamente per fermare le guerre e le ingiustizie terribili nei paesi da dove provengono, possiamo invece fare qualcosa per loro ora che sono qui.

Matteo Tomasi

 

Domenica 17 gennaio 2016

Giornata mondiale dei migranti e profughi